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[ ] I dipinti di Massanova ricordano proprio un rogo che non arde più: il lento spegnersi di un vulcano avviato ad estinzione, quando le lave si asciugano, e permane solo qualche brontolìo lontano, qualche limitata attività tellurica; una "intermittente vita". Attraverso un segno "articolato", contratto, e vigile, l'artista costruisce dei lavori in cui il tutto si svolge a fior di pelle, senza rimandi, senza profondità, un po come accade nei cretti di Burri. Rifacendosi a quest'ultimo, Massanova inventa alvei a tratti ruvidi e levigati, che emanano flussi pulsionali. Sommuove la "pagina" del quadro: la divide, le dà movimento, la recinta con confini cromatici "irrequieti", salvaguardando sempre un attento senso dell'equilibrio, dell'ordine, e dell'asciuttezza formale. Inventa burrianamente, appunto una geometria allo stato nascente: in fieri. Il dato che caratterizza questi Notturni è, infatti, la "ritmica" geometria, una architettura "mossa", e, nel medesimo tempo, l'unità sobria dell'opera, la forma che mette ordine nell'informe colore, la calibrata partizione della superficie cupa e ricettiva. Su questa superficie, si depositano le materie della pittura, che con la loro fascinosa precarietà contingente tendono ad un monocromo scuro, notturno puro; talvolta visionario e musicale, esaltato da alcune sottili linee (poste per lo più nella parte inferiore del quadro), che nulla tolgono all'austerità costruttiva dell'impianto generale delle opere. Proprio l'idea della costruzione è al centro della ricerca di Massanova, il quale si affida a procedimenti caratterizzati da una esigenza di rigore compositivo, da una scomposizione e da una ricomposizione di piani, che si snodano e si incastrano gli uni negli altri. L'artista non ricorre mai all'aggressività della materia, agli "impasti", alle "ombreggiature"; e, tuttavia, non nasconde la fisicità del colore, che per lui è un frammento vivo e palpitante. [...] |
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Vincenzo Trione |